11 Giugno

11 giugno

riflessioni & memorandum

Bazzicando tra i blog, presenti su tumblr, sto realizzando che questo social ha del potenziale, per comprendere l’epoca contemporanea.

Le retoriche generali descrivono la nostra società composta da individui immersi in un flusso di superficialità e vacuità, che “stanno sempre a presso a quei social”. Secondo me, però, ci sono spazi in cui si costruiscono e si definiscono nuovi modi di fare umanità, come qui su tumblr. É un “luogo” prolifico per sperimentare ed entrare in contatto con una nuova umanità, diversa da come la descrivono i media.

Entrando in contatto con i contenuti condivisi e postati dalle persone, come ad esempio i pensieri, le suggestioni, i progetti, i ricordi, gli stralci di vita: si delinea una rappresentazione umana che sfida la logica comune. Se instagram è una vetrina di immagini, tumblr è quella delle “istantanee interiori”. Si accede ad un nuovo modo di rappresentare l’esistenza umana.

Tutto ciò mi fa riflettere e trovo delle affinità con la pratica antropologica.

Mi spiego meglio.

Quando l'antropologo intervista, entra in contatto con una realtà intima e personale. Inizia a chiedere al “partner intellettuale” una miriade di cose: come mai questo, come mai quell’altro. Insomma è un rompiscatole. Questo non per perversioni o sinistre attitudini, ma per la seguente motivazione: nel dialogo e nell’incontro con l’altro si comprende e si sviscera una tematica a partire dal punto di vista degli attori sociali; quello dell’esperienza. Di conseguenza, nel caso tumblr, nell’approcciarmi ai blog di queste persone; attraverso l'interrogazione dei loro contenuti si scardina quell’assunto con cui ho aperto questo post: la frivolezza della nostra epoca.

Arrivo così alla seguente conclusione: questa epoca non è superficiale, semplicemente è troppo frenetica e non trova i tempi e le pazienze per gli ascolti in profondità…

ps: se stai leggendo e hai un blog su tumblr, giuro che non ti ho usato per i miei svalvo(la)-menti antropologici.

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4 years ago

5.05.2021

Mh, stamani dubbi arcaici: peculiarità innate o processi autoindotti?

2 years ago
Dove è Casa?
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dove è casa?

dove è radice?

perchè dover stare in movimento?


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2 years ago

Osservazioni dissacranti

Ad una vecchia lezione di antropologia del patrimonio una mia prof. esordì: "Vabbè ma tanto è tutta una ricostruzione. Nessuno studioso è veramente originale".

Lì per lì quella frase non ebbe chissà quale presa, oggi invece capisco il senso di quelle parole.

Se fino ad un certo punto sono stata toccata da quella fallacia che un po' chi studia antropologia conosce: sentirsi di appartenere ad una cerchia di studiosi che stanno portando chissà quali teorie e chissà quali sguardi innovativi.

Poi però capisci che in realtà sei semplicemente il prodotto di un sistema di pensiero, di un marketing personalizzato, di un aggregamento di cerchie e "cose" suggerite. In tutto questo puoi comunque trovare due consolazioni:

1. aveva ragione Margareth Mead quando sosteneva "Always remember that you are absolutely unique. Just like everyone else"

2. ciò che farà la differenza sarà il mondo in cui le esistenze incamerano, utilizzano e si servono degli strumenti concettuali e delle risorse che gli offre il loro contesto culturale.


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3 years ago

|| In realtà è... non so guardare i film ||

Su “consiglio” di Spotify ho visto Femina Ridens, film thriller drammatico del 1969.

[La Trama] Il dottor Sayer, direttore di un istituto filantropico, in seguito a un trauma infantile è cresciuto col terrore dell'amplesso: teme che la donna si comporti, in amore, come la femmina di certi scorpioni, che uccide il maschio con cui s'è accoppiata. Il complesso ha fatto di lui un seviziatore di donne a pagamento: il macabro gioco si svolge, ogni fine settimana, nel suo appartamento, attrezzato con ogni sorta di strumenti di tortura. Un giorno, venutagli a mancare una delle sue solite "vittime" coglie l'occasione di una visita della segretaria, Mary, per ridurre la donna in suo potere. Torturandola, minacciandola ad ogni istante di morte e mostrandole le "prove" di precedenti "delitti", Sayer spinge Mary a tentare il suicidio. Da quel momento, però, qualcosa nell'uomo comincia a cambiare: sul punto di ucciderla davvero, s'accorge di essersi innamorato di lei, la quale è pronta a ricambiarlo. Dopo averle confessato di non avere mai ucciso nessuno, Sayer si getta fra le sue braccia ma, come aveva sempre temuto, per lui quell'atto sarà davvero fatale. Per Mary, invece, che recitando a perfezione la parte di vittima innocente, si era deliberatamente sostituita ad una delle solite donne di Sayer, la sua morte non sarà che l'ultimo di una serie di trionfi sugli uomini (Il cinematografo, https://www.cinematografo.it/cinedatabase/film/femina-ridens/22728/)

[Oltre il film] Ad aver catturato la mia attenzione è stata la rappresentazione del rapporto uomo-donna, tra Mary Erkström e il dottor Sayer. È un film che vorrebbe, forse, far riflettere sul modo di essere donna e uomo nella società di fine anni ’60. L’uomo è virilità, potenza, indipendenza mentre la donna è ingenuità, é un essere indifeso, carico di sensualità ed erotismo. Gli unici momenti in cui i ruoli vengono messi in discussione sono quando Sayer mostra la sua fragilità nell'innamorarsi di lei; e nel trionfo di Mary che si vendica e si emancipa da quella situazione reclutando lo stesso apparato concettuale del dottor Sayer: atteggiamenti da despota violento e suprematista, infatti è simbolica la sua frase: “Impara a vendicarti e distruggerli, giocando al loro stesso gioco. Vedrai come è piacevole”.

|| In Realtà è... Non So Guardare I Film ||
|| In Realtà è... Non So Guardare I Film ||

Secondo me il film mette in mostra “ciò che si dice sull'uomo e sulla donna in società". Riconosco che qua sta il punto di forza. La mia postura da studentessa però mi porta a essere polemica, in particolare sul finale: perché Mary ha ucciso il dottor Sayer? Perché poi consiglia di attuare la violenza? Non si poteva costruire una narrazione alternativa e proficua?

Il film ha collegamenti con la nostra contemporaneitá, non a caso il nostro tempo ha come focus: comprendere il funzionamento del rapporto uomo-donna, il ruolo della donna nella società, la sua emancipazione, il boicottaggio del patriarcato o il revival del “sesso debole”. Ad esempio, guardando alla contemporaneità ripenso al testo Cercando Rispetto (2005) dell’antropologo americano Philippe Bourgois che nel descrivere l’emancipazione delle donne del barrio di East Harlem, notava che la loro battaglia era declinata secondo parametri patriarcali. Le donne lottavano quotidianamente per ottenere assistenza per sé e per i privilegi, per conquistare posizioni di rilievo nell’economia underground della strada. Queste donne resistevano al dominio degli uomini uccidendo i propri mariti o rifiutando convivenze basate sul terrore. Bourgois ha voluto portare in evidenzia quelle contraddizioni insite nel processo di empancipazione. Ció mi spinge a chiedermi: si è destinati in eterno a soccombere alla logica win-lose e a replicare gli atteggiamenti da cui si cerca di prendere le distanze?

A me questo film ha lasciato molte perplessitá, soprattutto dal punto di vista del contenuto. Forse questa mia indisposizione nasce dal mio essere fin troppo impregnata di studi, invece dovrei inquadrare il film nella sua epoca storica e culturale. Ma ritorno sempre lì. Nonostante siano passati più di cinquant’anni il rapporto uomo-donna continua ad essere declinato attraverso il darwinismo sociale...

E mi convinco sempre di più che a cambiare non devono essere le persone, ma gli immaginari e le rappresentazioni.


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3 years ago
appuntidicampo - appunti di campo
appuntidicampo - appunti di campo

Laura: Più un ragazzo mi piace più mi spaventa.

Jérôme: Vuoi dire che hai paura di non resistergli?

Laura: No. Io. No. È più complicato di così. Un ragazzo non mi piace tanto perché é bello. Se un ragazzo è gentile vado a spasso con lui per esempio se mi annoio. Se mi annoio chiunque mi sta vicino ho l’impressione di amarlo. Quel che mi secca é che sempre prima o poi lui si dà importanza dice in giro: “È innamorata di me”. Si mette a fare il pascià. Allora è finita.

Le genou de Claire (1970) Éric Rohmer

3 years ago

| Barbero-gate |

Incuriosita dai meme e dal mio Instagram invaso dal Barbero-gate, che ha coinvolto lo storico e divulgatore italiano Alessandro Barbero, ho proceduto a documentarmi.

Cosa è successo?

Il 21 ottobre Silvia Francia, giornalista del quotidiano italiano La Stampa, intitola la sua intervista con Barbero: “Le donne secondo Barbero: “Sono insicure e poco spavalde, così hanno meno successo”, [come si legge sotto].

| Barbero-gate |

Il passo "incriminato" dell’intervista è questo:

Silvia Francia: “Barbero, arrivando a oggi, come mai, secondo lei, le donne faticano tanto non solo ad arrivare al potere, ma anche ad avere pari retribuzione o fare carriera?”.

Alessandro Barbero: "Premesso che io sono uno storico e che quindi il mio compito è quello di indagare il passato e non il presente o futuro, posso rispondere da cittadino che si interroga sul tema. Di fronte all'enorme cambiamento di costume degli ultimi cinquant’anni , viene da chiedersi come mai non si sia più avanti in questa direzione. Ci sono donne chirurgo, altre ingegnere e via citando, ma a livello generale, siamo lontani da un’effettiva parità in campo professionale. Rischio di dire una cosa impopolare, lo so, ma vale la pensa di chiedersi se ci siano differenze strutturali fra uomo e donna che rendono a quest’ultima più difficile avere successo in certi campi. E’ possibile che in media, le donne manchino di quella aggressività, spavalderia e sicurezza di sé che servono ad affermarsi? Credo sia interessante rispondere a questa domanda. Non ci si deve scandalizzare per questa ipotesi, nella vita quotidiana si rimarcano spesso differenze fra i sessi. E c'è chi dice: "Se più donne facessero politica, la politica sarebbe migliore". Ecco, secondo me, proprio per questa diversità fra i due generi".

Ho letto il passo più e più volte, cercando di comprendere cosa avesse detto Barbero per essere investito dalla gogna mediatica che sta avendo luogo sulle varie piattaforme social. È evidente che le parole di Barbero sono state strumentalizzate, per creare notizia (si noti che per accedere all'articolo integrale si deve pagare, ChIsSa PeRChè!1!11!). Se si legge con attenzione Barbero, nel riferire la risposta sta cercando di dare un’ipotesi a ciò che la giornalista ha chiesto. Infatti c’è un punto interrogativo, ma a quanto pare è passato inosservato.

Nelle lezioni di “Metodologia della ricerca etnografica” mi hanno insegnato che quando si costruisce una scaletta di domande si devono evitare domande tendenziose. La giornalista ha posto una domanda tendenziosa-mente, in quanto ha rintracciato già lei uno svantaggio che determina a vita le donne: “le donne faticano tanto”, limitando 'quell'ulteriore' che nasce dal dialogo con l'altro. Io mi sarei chiesta: “Come mai in questo momento storico si discute e si chiama in causa la donna principalmente se ci sono di mezzo questioni di genere?”.

Lo so che viviamo in un sistema sociale organizzato a tal punto che l’uomo è incentivato a esserlo, lo riconosceva già Flaubert che scriveva della disperazione provata da Madame Bovary (1856) nel scoprire che aveva partorito una bambina:

Partorì una domenica alle sei, al levar del sole.

«È una bambina!» disse Charles.

Emma voltò la testa e svenne.

Ad esempio, quando andavo al liceo prendevo l'autobus e notavo che gli autisti erano tutti uomini oppure all’Università che tra i più illustri prof. la maggior parte erano uomini, come tra l'altro sono gli autori che ho studiato nei vari esami. A questo punto non ci vuole un ipotetico "Barbero-alphaman" a far emergere eventuali “differenze strutturali”. C’è un intero sistema organizzato a mantenere e riprodurre asimmetrie di ruolo. Al contempo, però, non posso che guardare critica-mente alla narrazione che descrive il rapporto donna-uomo nel mio contesto culturale e sociale. Non posso permettermi di accettare di riassumerlo attraverso il patriarcato, in quanto ci sono poche occasioni di dibattito critico nelle quali si chiede come si vive il patriarcato o che cosa significa nella quotidianità. Si danno soluzioni preconfezionate, senza chiamare in causa le singole esistenze. Secondo me, il patriarcato non dovrebbe essere né una 'soluzione' né un punto di arrivo, ma un punto di partenza, ovvero? Se c’è questo squilibro uomo-donna iniziamo a capire come viene vissuto e rappresentato a livello esperienziale, per chi lo vive. Chiedendosi ad esempio: come mai in Sicilia si rintracciano poche donne che lavorano per le autolinee? Oppure come mai nelle aule universitarie il pensiero antropologico con cui vengono formati gli/le studenti/studentesse è un sapere prodotto da uomini?

Io non capisco perché sia diventato così ‘automatico’ esprimersi senza aver prima chiesto agli attori sociali; oppure senza aver analizzato a sufficienza le categorie con cui pensiamo il rapporto uomo-donna.

Sitografia

https://www.lastampa.it/topnews/primo-piano/2021/10/21/news/le-donne-secondo-barbero-sono-insicure-e-poco-spavalde-cosi-hanno-meno-successo-1.40833395(intervista Silvia Francia)


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3 years ago

| Da una questione di in(sensibilità) datata 31 dicembre |

Tutto è iniziato da una mia seccatura.

Mi trovo nella piazza centrale di una cittadina siciliana, visto che è stato organizzato il mercato locale. È un campo che ben si presta alle osservazioni culturali, alla conservazione e alla riproduzione dei rapporti sociali che la pandemia da Covid-19 sta facendo scomparire.

| Da Una Questione Di In(sensibilità) Datata 31 Dicembre |
| Da Una Questione Di In(sensibilità) Datata 31 Dicembre |
| Da Una Questione Di In(sensibilità) Datata 31 Dicembre |

Nello stand dedicato ai prodotti caseari e agli insaccati, stanno venendo soddisfatte le richieste di un anziano signore. Immaginatelo con la sua coppola, con il suo pantalone grigio scuro in flanella, con la sua marcata cadenza dialettale e con il suo modo di parlare “antico”, che durante l’articolazione dei discorsi fa ricorso a proverbi e frasi tratte dalla saggezza popolare. Si trova lì per acquistare generi alimentari che, poi, consumerà in prossimità delle feste. Tra lui e il salumiere si sta instaurando una forma di dialogo confidenziale, che lo spinge a voler conoscere la storia, la provenienza e la ‘corretta’ consumazione del formaggio… forse sarà un antropologo in pensione, dato che la peculiarità del lavoro antropologico consiste nel «tormentare le persone intelligenti con domande stupide (Geertz 1988, 40)». Comunque, il salumiere risponde con professionalità ed empatia. Nel frattempo che si sta consumando lo “scambio” etnografico sul pecorino dei Nebrodi: si sta formando una lunga coda di persone.

Nonostante il forte senso di irritazione, penso alla socialità che si sta manifestando. Questa riesce a prosperare perché mi ritrovo all'interno di un ristretto contesto di provincia, con un rimo di vita meno frenetico e propizio all'incontro del prossimo. Le "minuziose" questioni che pone l'anziano sono il frutto di una consuetudine sociale, dato che:

«la condizione umana non è pensabile se non in termini di organizzazione sociale. L’apprendimento di routine, l’acquisizione di abitudini che s’incarnano nello spirito e nel corpo, dispensano gli uomini dalla necessità di riflettere prendere decisioni in ogni momento. Gran parte dei nostri comportamenti sfuggono alla rappresentazione cosciente, pur obbedendo comunque a regole, pur seguendo un modo adeguato di comportarsi in società. Il senso è incorporato e non rappresentato (Augé, Colleyn 2004, 15, 16)».

Di conseguenza, in questa epoca si delineano nuove pratiche che portano a ripensare il rapporto tra commerciante e cliente, il quale é vissuto maggiormente a livello individuale, come avviene nei market online e “anonimi”. Durante l’acquisto degli articoli, difficilmente, si manifestano le condizioni per acquisire conoscenze fornite dai produttori. Il punto, adesso, non è la svalutazione e il boicottaggio di queste iniziative, ma è necessario ripensarle in chiave critico-sociale:

«Non credo che il comfort vada demonizzato: è stato desiderato e inseguito dall’umanità perché genera innegabili piacevolezze. Interrogare la comodità ha senso perché il processo che l’ha generata è stato sottratto a un esame approfondito sulle conseguenze sensoriali della diffusione degli attuali regimi di consumo. L’umanità contemporanea è stata abituata a non avere dubbi sul fatto che la storia tecnica sia stata un’evoluzione positiva: il passato rappresenta ciò che è arretrato, primitivo, fondato sull’ignoranza; il presente adopera le conoscenze accumulate per migliorare la vita e risolvere innumerevoli disagi; il futuro è teso verso un ulteriore perfezionamento scientifico e tecnologico che spazzerà via, definitivamente le rimanenti limitazioni al benessere umano. Con ossessionante monotonia, e in maniera più o meno subdola, implicita, acritica, mistificata, i promotori dell’ipertecnologia ci inducono a credere che il tragitto esistenziale umano, nel corso della storia, e in particolare nella sua fase moderna e contemporanea, sia da apprezzare come benefico, giusto, vantaggioso, morale, utile (Boni 2014)».

Dunque, queste pratiche che circolano nella nostra esistenza: che ripercussioni hanno con il passare del tempo, in particolare sulla relazione umana? Come mai ci stanno spingendo ad una sua disassuefazione?

Bibliografia

Augé M., Colleyn J.P., 2004, L’antropologia del mondo contemporaneo.

Boni S., 2014, Homo comfort. Il superamento tecnologico della fatica e le sue conseguenze.

Geertz C., 1988, Interpretazione di culture.


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4 years ago

1.05.2021

Free your mind dal riduzionismo (culturale, scientifico, e... emotivo)

4 years ago

Ultimamente sto avendo un’ossessione per la produzione cinematografica del secolo scorso, in particolare quella dell’annata di fine anni ’50 e ’70. Non c’è ancora un genere che prediligo, ma so per certo che il mio interesse è catturato dal cinema d’autore.

Bene.

Di recente ho visto Noi donne siamo fatte così del 1971 di Dino Risi. La pellicola è organizzata in 12 episodi, nei quali vengono narrate storie di donne. Il film ha l’obiettivo di raccontare il mondo femminile, ma fallisce in quanto i dodici racconti sono pensati da autori e non da autrici. Non lo scrivo perché sono una ragazza, ma per il semplice fatto che vengono proposti ideali e situazioni della donna tipica. Appunto t i p i c a.

È un film che però non voglio demonizzare. Ha spunti interessanti sulla società italiana di quegli anni. Nello specifico mi ha suscitato interesse l'episodio di Alberta.

Alberta è una donna siciliana colta, di famiglia benestante e che viaggia per il mondo per approfondire i suoi studi sociologi e antropologici. In compagnia del marito Ferdinando organizza dei «seminari intellettuali». In un incontro si discute sull’amore libero, sul concubinato. Alberta e Ferdinando accolgono l’idea di un amore senza etichette, infatti è emblematica la posizione di lei : «il mio principio è il rifiuto dei principi».

Ultimamente Sto Avendo Un’ossessione Per La Produzione Cinematografica Del Secolo Scorso, In Particolare

Mi ha colpito poi un altro pensiero.

Alberta canzona simpaticamente il suo amico avvocato, poiché quest’ultimo critica l’amore libero: «siamo per il progresso tuttavia, siamo per la libertà tuttavia. Ravanelli siamo Avvocato. Rossi di fuori, bianchi di dentro». Le sue parole sono un chiaro rimando all’ipocrisia borghese, che fingeva spregiudicatezza, ma in fondo era conformista.

Ultimamente Sto Avendo Un’ossessione Per La Produzione Cinematografica Del Secolo Scorso, In Particolare

Guardando al presente, penso che questa frase sia ancora di estrema attualità. Nel mio contesto culturale infatti noto che si è un tuttuno con il progresso e con gli ideali riformisti ma che poi non si materializzano. Forse perché é ancora latente l’influenza religiosa e degli ideali conservatori, che si pensano in un passato lontano. Certo siamo nel 2021, nella società della spregiudicatezza e dell’apertura, nonostante ció c’è ancora qualcosa che si ingrippa... mi chiedo dove stia il mal funzionamento e se lo si dovesse trovare come approcciarsi?

4 years ago

4.06.2021

Relazionandomi con l’altro e di conseguenza, relazionandomi anche con me stessa, sto arrivando ad una considerazione. È importante da riconoscere, sempre, a se stessi e agli altri «cosa si vuole». Perché il resto è un inutile e malsano tentativo di farneticazione ego-orientata.


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appuntidicampo - appunti di campo
appunti di campo

|lo sguardo di un'aspirante antropologa sul mondo|

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