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Svalvolamenti - Blog Posts

3 years ago

| Le falle del sistema |

Giorni fa l'algoritmo di Youtube, che sa della mia profonda ammiraossessione per Umberto Galimberti, mi ha proposto una sua conferenza sull’identità. Galimberti ha indicato che l’identità è un dono sociale e l'individuo viene riconosciuto socialmente. Porta l’esempio della maestra che reputa un bambino intelligente e studioso, lo incoraggia nello sviluppo di un'identità positiva.

Ho avuto modo di approfondire questa tematica ne L’epoca delle passioni tristi. Gli autori, Benasayag e Schmit, parlano a riguardo dell’utilitarismo scolastico:

«tale ideologia pretende di costituire un mondo trasparente, in cui possiamo sempre giudicare ciascun essere umano in funzione di criteri chiari, precisi e univoci: i criteri quantitativi […] Nel gioco dell’utilitarismo scolastico, significa molto di più: viene considerato una specie di biglietto d’ingresso nel mondo degli adulti, perché si pensa che chi non studia sarà disoccupato, avrà una vita mediocre eccetera».

Ripenso al mio percorso scolastico, dove i miei/mie compagni/e venivano etichettat*, classificat* e, per certi versi, schedat* in base a quanto e a come rendevano. Le loro esistenze venivano cristalizzate e uniformate.

Queste considerazioni penso che possano essere applicate anche a quei casi in cui una bambina o un bambino viene ritenut* dall’insegnante taciturn*, silenzios* e spingono il soggetto a pensarsi in un modo anziché in un altro, le influenze dell'insegnante modellano la sua identità in base a quel tratto esteriore che gli è stato “donato”.

È evidente che si tratta di un sistema e di un modo di organizzare la vita scolastica degli alunni e delle alunne del mio contesto culturale, ma come si potrebbe rimettere al centro il soggetto?

Bibliografia

Bonetti R., 2014, La trappola della normalità.

Galimberti U., 2021, Trovare la propria vera identità.

Schmit G., Benasayag M., 2003, L’epoca delle passioni tristi.


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3 years ago

23 Agosto || prendere spunto da Barbara Millicent Robert

Ero al supermercato ed ho visto questa bambola.

23 Agosto || Prendere Spunto Da Barbara Millicent Robert
23 Agosto || Prendere Spunto Da Barbara Millicent Robert

Ha catturato sin da subito la mia attenzione, perché è una Barbie diversa da quelle con cui sono cresciuta. Non avrei mai pensato che questo oggetto fosse l’espressione dei canoni estetici del mio contesto culturale. Ho dovuto aspettare "Antropologia culturale" (primo esame universitario. Che ricordi awww💖) per comprendere quanto quella bambola fosse un prodotto culturale ed artificiale, grazie al saggio di Elizabeth Chin “On the Butt Size of Barbie”.

Osservo questa bambola e penso “Che figata. Guarda un po’ il capitalismo. Fa qualcosa di produttivo e funzionale”. Torno a casa e inizio a documentarmi. Scopro che si tratta di una linea realizzata dalla Mattel, casa produttrice, per sensibilizzare alla diversità e promuovere l’inclusività.

Potevo sottrarmi a sproloquiare...? Ognuno ha le proprie croci. Minchiaterie a parte.

Risulta chiaro che con questa operazione la Mattel si allinea e risente del dibattito culturale del nostro tempo. Ritengo che questa campagna non sia un prodotto del pensiero mainstream o politically correct, ha invece del potenziale, qualcosa da non sottovalutare insomma.

Concepire e produrre una bambola che sia calva, sulla sedia a rotelle o con la vitiligine non è soltanto un'azione volta a far identificare una categoria di persone o per evitare che vengano paturnie alle bambine, perché non sono magre e bionde. Secondo me invece spinge ad "un abituarsi alla differenza", ecco dove sta l'operazione di normalizzazione; per far entrare le persone in un mindset diverso; per evitare che l'attenzione si concentri sulla differenza, per andare oltre il fatto e provare a guardare oltre. Perché se cresci con la normalizzazione della differenza, di conseguenza potrai vedere altro.

Io trovo che questa linea di Barbie sia qualcosa di geniale, perché fin troppo spesso si parla di tematiche sensibili attraverso la retorica e il moralismo. Perché non sensibilizzare a partire dal quotidiano? A tal ragione, ripenso agli studi di Jean-Pierre Warnier sulla materialità e sugli oggetti. L’etnologo francese afferma che gli oggetti sono dotati di una propria ‘agentività’, sono capaci di influenzarci e di modificare il nostro modo di concepire il mondo. Per cui se a quattro anni trovavo ‘normale’ che la Barbie dovesse essere bionda, magra, le generazioni successive guarderanno senza malizia la diversità che segna e caratterizza i nostri giorni.


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